
1 chicco di grano non fa un mucchio.
Se 1 chicco di grano non fa un mucchio, allora nemmeno 2 chicchi lo fanno.
Se 2 chicchi di grano non fanno un mucchio, allora nemmeno 3 chicchi lo fanno.
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Se 9,999 chicchi di grano non fanno un mucchio, allora nemmeno 10,000 lo fanno. 10,000 chicchi di grano non fanno un mucchio.
Con il web 2.0, a causa dell'identità virtuale potenzialmente (e anche realmente) presente su diverse piattaforme non più separate ma interagenti (dunque uno stesso soggetto può viaggiare su diversi "mondi paralleli" senza soluzione di continuità), della propagazione virale e sincronica dell'informazione, della facilità di creazione e modifica dei contenuti, ormai svincolati da struttura e presentazione, e delle applicazioni, dati e servizi accessibili on line in ogni momento e con la personalizzazione desiderata e indipendenti dal personal computer (o più in generale, dall'hardware specifico in possesso dell'utente), si perdono i confini tra soggetto (identità) e oggetto (luogo virtuale, ma anche informazione, servizio, etc.), e non si ha più il meccanismo tipico del soggetto che "usa" l'oggetto, ma si verifica un cambio di paradigma: in qualche modo è l'oggetto che definisce il soggetto e la sua identità, e quest'ultimo si trova a dovere cedere almeno in parte il controllo per avere in cambio disponibilità immediata di informazioni e servizi. Non importa più dove sia l'informazione di interesse, semplicemente essa si trova dove si trova l'utente. In altri termini, dal momento che gli oggetti virtuali sono potenzialmente infiniti, l'identità che con essi ha interagito (lasciando delle tracce) ne risulterà delocalizzata e anch'essa necessariamente "moltiplicata": è infatti più difficile, con il web 2.0, ricostruire con un diagramma la propria identità, o meglio, è certamente fattibile, ma esso risulterà complesso e ramificato. Bene dice Salvo Mizzi in un suo articolo, in cui riconduce il passaggio da web 1.0 a web 2.0 alla dialettica hegeliana servo-padrone: "Nella sua prima manifestazione fenomenica, Internet era ancora un paleoconcetto rudimentale
Una breve premessa sulla phantasia: tradotta in modo un po' fuorviante come "immaginazione", la phantasia deriva dal verbo greco phainesthai, "apparire"... in greco più tardo (ai tempi di Proclo, dunque V secolo d.C.) anche "avere visioni". Una curiosità: da questa medesima radice deriva anche il termine "fantasma".
La storia del termine phantasia è molto lunga e interessante... la riassumerò in poche righe, che certamente non le rendono merito ma che tuttavia danno una seppur vaga idea del suo percorso avventuroso:
- Platone: nel Sofista (264 a7-b3) egli mescola la phantasia con la sensazione, dunque con il livello più basso della conoscenza. Non sembra darle una dignità a sè;
- Aristotele: più generoso di Platone con la phantasia, la definisce il livello più alto delle facoltà irrazionali, a stretto contatto con l'opinione (la quale si colloca invece al livello più basso delle facoltà razionale);
- Plotino: sceglie una via di mezzo. La phantasia è sia il livello più alto delle facoltà irrazionali sia il livello più basso di quelle razionali;
- Proclo? E' indeciso. Tentenna tra una posizione e l'altra.
![Sillogismo scientifico di Aristotele By Oroxon [GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html) or CC-BY-SA-3.0-2.5-2.0-1.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons](/images/Sillogismo.png)
- [Premessa maggiore] Tutti gli uomini sono mortali
- [Premessa minore] Socrate è uomo
- [Conclusione] Socrate è mortale